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Impresa

27 maggio 2022

Menarini torna a crescere (e sbarca a Dubai)

Il gruppo ha chiuso il 2021 con 3,922 miliardi di fatturato, un dato superiore del 4,5% rispetto ai 3,750 miliardi del 2020.

Si trova all’interno del Dubai Science Park la nuova sede di Menarini per l’area del Medio Oriente e dell’Africa: l’azienda farmaceutica fiorentina l’ha inaugurata il 26 maggio, con l’obiettivo di presidiare meglio mercati promettenti, in una prospettiva di crescita già riavviata. Il gruppo Menarini infatti ha chiuso il 2021 con 3,922 miliardi di fatturato, un dato superiore del 4,5% rispetto ai 3,750 miliardi del 2020, anno in cui le criticità dovute alla pandemia Covid-19 avevano rallentato il trend positivo: il fatturato 2019 era stato lievemente superiore (3,79 miliardi).

“Una svolta per la nostra presenza in Medio Oriente”

Secondo Elcin Barker Ergun, amministratrice delegata del gruppo Menarini, l’apertura a Dubai è “un momento storico per noi, un importante punto di svolta per aumentare sensibilmente la nostra presenza e il nostro portfolio in Medio Oriente. Come azienda a conduzione familiare da ben 135 anni, non vediamo l’ora di servire sempre più pazienti in Medio Oriente nei prossimi anni, facendo leva sul nostro fermo impegno in favore della qualità”.

Un obiettivo peculiare della strategia dell’emirato per il 2030, secondo il direttore del dipartimento Servizi farmaceutici dell’autorità sanitaria di Dubai, Ali Al Sayed, “è diventare uno snodo globale per aziende basate sulle conoscenze, attente alla sostenibilità e focalizzate sull’innovazione. Grazie alla sua lunga esperienza nel campo della ricerca medica, Menarini fornirà un contributo importante a questa strategia visionaria. E’ un’azienda con cui condividiamo la visione generale di consolidamento di Dubai come destinazione d’elezione per le conoscenze, l’istruzione e la formazione in ambito sanitario”.

“Vogliamo produrre in Italia, ma i costi aumentano”

Il potenziamento fuori dai confini nazionali, per Menarini, si accompagna a una grande attenzione alle dinamiche interne. “Da un punto di vista di indipendenza strategica, politica, sanitaria, sarebbe bene riportare a casa, io spero in Italia, la produzione farmaceutica”, ha affermato nelle settimane scorse Lucia Aleotti, azionista e componente del board di Menarini, secondo cui “nella complessità geopolitica di questi ultimi mesi una riflessione a mio avviso va fatta. Finché siamo tutti amici non ci sono problemi sui commerci internazionali, non ci sono colli di bottiglia, non ci sono sanzioni e contro-sanzioni o ritorsioni commerciali di nessun genere, e va tutto bene: ma nel momento in cui si dovesse creare qualche motivo di tensione, ecco, gli strumenti della salute sarebbe bene averli in casa”.

Un obiettivo reso però difficile dalla crisi dell’energia e delle materie prime: “Stiamo subendo un incremento impressionante di tutti i costi dei fattori produttivi”, ha detto Aleotti, secondo cui però “continuiamo a sentir parlare dei soliti mantra di abbassare il prezzo dei farmaci: tutto si può fare, bisogna essere consapevoli che così il settore industriale lo perdiamo”. Serve dunque, secondo Aleotti, “un governo che sia capace di comprendere questo schiacciamento del settore industriale”, e con cui “metterci seduti a ragionare, perché altrimenti è logico che se le aziende non rientrano più nei costi industriali devono cercare in qualche modo di andare dove questi costi sono più bassi, e noi non vogliamo assolutamente questo”.

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