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28 novembre 2022

Investimenti esteri? Per attrarli servono aeroporti e capitale umano

Nel 2022 in Toscana ci sono state 54 operazioni per quasi 2,3 miliardi. Il rallentamento proseguirà nel 2023. Due i fattori da migliorare.

Silvia Pieraccini

Moda, turismo & real estate, scienze della vita, food & beverage: sono i quattro settori che trainano gli investimenti esteri della Toscana, una delle regioni più attrezzate in Italia – grazie soprattutto all’ufficio regionale Invest in Tuscany – per assistere le aziende a partecipazione straniera che vogliono insediarsi o espandersi sul territorio. Ora questi investimenti esteri, complice lo scenario geopolitico (guerra, inflazione, aumento dei costi produttivi) e l’incertezza che avvolge i mercati, stanno rallentando: dal record di 105 operazioni (tra greenfield, espansioni e M&A) realizzate nel 2019, per un capitale fisso investito stimato in 2,9 miliardi di euro, si è passati a 81 operazioni nel 2020 (per 1,5 miliardi), 86 operazioni nel 2021 (per 969 milioni) e 54 operazioni previste nel 2022, per quasi 2,3 miliardi di euro. Le previsioni per il 2023 non sono brillanti.

Un valore aggiunto di 11,2 miliardi di euro

Il punto su un settore strategico per l’economia regionale – capace di generare un valore aggiunto di 11,2 miliardi di euro, cui si aggiungono altri 4,2 miliardi con l’indotto (stime Svimez), e di impiegare figure professionali di alto livello – è stato fatto nel corso del meeting annuale di Invest in Tuscany, che si è tenuto oggi, 28 novembre, nella sede della Giunta regionale toscana alla presenza di alcune multinazionali presenti sul territorio (Baker Hughes, Lilly, Solvay più la Pmi Ecopol che è partecipata da un fondo d’investimento). Secondo Irpet, le aziende che hanno almeno il 10% di capitale estero in Toscana sono 1.185 con 2.875 sedi e producono il 14% del valore aggiunto della regione.

Infrastrutture e formazione devono essere migliorate

L’incontro è servito a raccontare come le politiche pubbliche possono aiutare gli investitori, ma anche a ribadire i fattori di contesto che devono essere migliorati per non perdere terreno sul fronte dell’attrattività. Due sono quelli sottolineati sia dalle imprese che dagli istituti di ricerca: la carenza di infrastrutture e l’inadeguatezza del capitale umano. “Sulle competenze dobbiamo lavorare intensamente – ha sottolineato Fabrizio Monsani, coordinatore della commissione Multinazionali e grandi imprese di Confindustria Toscana, che proprio con questo obiettivo ha appena dato vita a un comitato consultivo (advisory board) con la Regione – perché avere competenze adeguate alle richieste aziendali ci mette nella condizione di attrarre altri investimenti”. La richiesta di interventi di modernizzazione infrastrutturale arriva sia da colossi come Baker Hughes-Nuovo Pignone (4mila addetti in Toscana nella produzione di turbine e compressori per il mercato energetico) che, come ha spiegato Paolo Ruggeri, ha difficoltà a spostare le maxi turbine che costruisce a Firenze e sulla costa; e arriva da “piccoli” come Ecopol che, per raddoppiare lo stabilimento di film biodegradabili per detersivi monodose a Chiesina Uzzanese (Pistoia), ha dovuto chiedere aiuto a Invest in Tuscany per allacciare le utenze e sottolinea come un aeroporto efficiente influisce sulla scelta di investimento di un’azienda (“noi stiamo costruendo un’azienda negli Stati Uniti e abbiamo scelto un luogo a 45 minuti di distanza dal più importante aeroporto al mondo, ad Atlanta”). “E’ vero che ci sono carenze da colmare, come si vede nella dislocazione degli investimenti esteri che sono concentrati nelle aree meglio collegate – ha ammesso Paolo Tedeschi, direttore Competitività della Regione – ma stiamo facendo passi avanti, ad esempio col progetto di piattaforma logistica Pharma Valley che sarà realizzato all’Interporto di Livorno”.

Sul fronte delle competenze, la ricerca di figure specializzate da parte delle multinazionali è sempre più difficile, come ha spiegato l’americana Lilly (farmaceutica) che sta definendo una collaborazione con le Università toscane per trovare figure qualificate. Anche su questo terreno il lavoro da fare è molto, a partire dalla promozione e dallo sviluppo degli Its (le scuole tecniche post-diploma ancora poco conosciute dagli studenti).

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Silvia Pieraccini

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