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Industria

13 luglio 2023

Fimer ci riprova con Clementy, i sindacati vogliono andare al Mimit

Pronto l’accordo da 95 milioni con il fondo: l’udienza al tribunale di Milano sul concordato è fissata per il 21 agosto.

Come nel Gioco dell’oca, o nel Giorno della marmotta, la vicenda della Fimer torna alla prima casella: la proprietà dell’azienda degli inverter sembra aver definitivamente scartato la proposta Greybull/McLaren, ed è pronta a portare al tribunale di Milano il nuovo accordo con il fondo Clementy Group, che nell’aprile scorso aveva risolto il contratto di investimento già firmato a causa di “inadempienze degli azionisti di Fimer”. Spetterà quindi ai giudici meneghini – l’udienza è fissata per il 21 agosto – accogliere o meno la proposta di Clementy: un affare da 95 milioni di euro complessivi per dare al fondo la proprietà dell’azienda.

Clementy è un multi-family office specializzato in ristrutturazione e rilancio di aziende in difficoltà, che ad oggi vanta investimenti di successo per un valore totale superiore agli 8 miliardi di euro. “L’offerta formulata dal gruppo Clementy – ha affermato Fimer -, rispetto alle altre nel frattempo pervenute, è risultata significativamente più vantaggiosa per la società, per i suoi dipendenti e per i suoi creditori, sia in termini di liquidità immediata, che di ricapitalizzazione e conservazione degli asset aziendali”.

Gli step del piano: subito due iniezioni di liquidità

Il piano di Clementy, secondo quanto riportato dai sindacati dopo l’incontro con la proprietà di Fimer, prevede iniezioni di liquidità per 7 milioni subito e successivamente altri 10 milioni; successivamente, altri 45 milioni di versamenti in conto capitale, e ulteriori risorse dopo l’omologa del concordato – il voto dei creditori era stato fissato per il 19 ottobre sulla precedente proposta di Fimer – fino al raggiungimento di 95 milioni di euro, con il perfezionamento dell’acquisizione della società.

Tuttavia i sindacati non si scaldano, visti i precedenti: “Esprimiamo molte perplessità, perché alle nostre domande sulla immediata effettiva disponibilità di capitali del fondo Clementy le risposte sono state vane”, affermano, chiedendo un tavolo al ministero delle Imprese e del Made in Italy. “L’azienda – sottolineano – opera in un settore strategico, quello dell’energia, volto a cogliere la necessità della transizione (energia sostenibile). E’ necessario che il massimo livello delle politiche economiche-industriali del sistema paese sorvegli con noi e assieme al tribunale di Milano questa vertenza, per responsabilizzare chi compie queste scelte portandolo a capire l’urgenza di concretizzare quanto enunciato, e non deresponsabilizzarsi in virtù di variabili successive”.

All’iniezione rapida di nuova liquidità è legato il futuro dello stabilimento di Terranuova Bracciolini, dove la produzione è ferma da giorni: l’azienda ha terminato la scorta di componenti, e dunque non può proseguire il lavoro anche se gli ordini non mancano.

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