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Territorio

12 giugno 2023

Pitti Uomo “invade” Firenze con 825 marchi di moda

La più importante rassegna al mondo per l’uomo porta eventi, operatori e ricchezza sulla città. Gli espositori non sono ancora ai livelli pre-Covid.

Silvia Pieraccini

Lavorano a pieno ritmo alberghi, ristoranti, negozi, taxi e noleggi con conducente (introvabili entrambi), si lamentano molti fiorentini, sorridono gli organizzatori di Pitti Immagine: la fiera Pitti Uomo, 104esima edizione, si prepara a “invadere” la Fortezza da Basso (dal 13 al 16 giugno) e la città con gli stand di 825 brand (per il 43% esteri) – tra cui quelli di un centinaio di aziende toscane – e tanti eventi dentro e fuori salone, spargendo effetti benefici sull’economia della città.

Si attendono i compratori orientali

L’inaugurazione dentro la Fortezza da Basso dovrà fare a meno del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha declinato l’invito dopo la morte di Silvio Berlusconi. Ci saranno il presidente Ice, Matteo Zoppas; il presidente della società organizzatrice Pitti Immagine, Antonio De Matteis; il presidente della Regione, Eugenio Giani; il sindaco di Firenze, Dario Nardella; la presidente del Centro di Firenze per la moda italiana, Antonella Mansi; il presidente di Sistema Moda Italia, Sergio Tamborini; e Annalisa Areni, responsabile Client Strategies di Unicredit. Attesa la presenza del sindaco di Milano, Beppe Sala, per rinsaldare i rapporti tra le due città della moda che insieme, ogni sei mesi, danno vita alla fashion week italiana, principale appuntamento globale del settore. Si spera nel ritorno dei compratori orientali, prima di tutto cinesi, per riuscire a raggiungere quota 15mila buyer, cui si sommeranno migliaia di altri addetti ai lavori.

L’inflazione sparge timori

Rispetto a un anno fa, fanno meno paura i rincari delle materie prime, dell’energia e della logistica e anche le difficoltà di approvvigionamento, che però hanno lasciato il posto all’inflazione e agli aumenti dei prezzi di abiti e accessori. Sono proprio questi aumenti che ora potrebbero “raffreddare” le vendite delle aziende di moda italiana, e soprattutto di quelle specializzate nell’uomo che hanno ripreso a correre dopo la pandemia e ora se la stanno cavando meglio della moda donna.

+21% l’export dell’industria italiana della moda maschile nei primi due mesi 2023

Per adesso si tratta solo di timori perché il 2023 è partito bene, con risultati migliori di quanto ci si aspettasse: nei primi due mesi l’export della moda maschile italiana ha continuato a crescere (+21% secondo i dati Confindustria Moda), trainando i fatturati e ipotecando un altro anno positivo, anche considerando l’inflazione. Il 2022 si è chiuso con un fatturato sopra 11,3 miliardi di euro per l’industria tricolore della moda maschile (che aggrega l’abbigliamento in tessuto e pelle, la maglieria, le camicie e le cravatte), in crescita del 20,3% sul 2021: un risultato che segna il recupero e il sorpasso sui livelli pre-Covid. Rispetto al 2019 l’aumento delle vendite è di 1,2 miliardi.

A trainare è stato ancora una volta l’export, salito di quasi il 25% (+24,8% a quasi 8,3 miliardi) e arrivato a pesare il 73% del fatturato: la moda maschile italiana è sempre più apprezzata oltreconfine, con gli Stati Uniti vero Paese-superstar capace di segnare +68,6% nel 2022 toccando 858 milioni di euro. Prima degli Usa si piazzano la Svizzera, con la sua natura di piattaforma distributiva, la Francia e la Germania. Il 2022 ha visto schizzare verso l’alto non solo l’export ma anche l’import di moda maschile (+43,9% a quasi 5,8 miliardi), tanto che il saldo commerciale è sceso a 2,5 miliardi (-115 milioni).

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Silvia Pieraccini

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