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04 luglio 2022

Il futuro dell’industria a Pisa

Dinamiche e vivaci, ma sulle imprese pesano i costi energetici. L’intervento dalla presidente degli industriali.

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di Patrizia Alma Pacini, presidente dell’Unione Industriale Pisana

L’industria pisana, che di recente ha festeggiato cento anni dalla fondazione dell’Unione Industriale, vive un particolare fermento tra rigenerazione e crisi (dovuta a pandemia, rincari energetici, incertezze legate alla guerra in Ucraina). L’occasione dei Cento anni ci ha dato l’opportunità di volgerci indietro a osservare il nostro passato per cogliere, da chi ci ha preceduto, anche ispirazione nel trovare spunti e nuove soluzioni. Pur con fasi alterne e i relativi problemi, tra i quali anche una guerra mondiale, l’industria pisana è sempre stata parte integrante del territorio del quale ha favorito la crescita, in un dialogo continuo e costante con le istituzioni, le accademie e i centri di ricerca. Il nostro tessuto industriale è sì composto da importanti multinazionali, ma in larga parte anche da imprese storiche che sono alla terza o alla quinta generazione. Tutte sono ora concentrate in impegnativi processi di rigenerazione e di posizionamento su un mercato che la globalizzazione e l’eccessiva concorrenza dell’estero rendono continuamente fluttuante. C’è poi un tessuto di nuove imprese, che spingono sull’innovazione, con numeri rilevanti e anch’esse in cerca di un consolidamento difficile da attuare in una fase così incerta come quella che viviamo.

La vivacità dell’industria pisana

Alla luce di tutto questo, mentre sul tavolo ci sono molti obiettivi da centrare e per i quali lavorare sin da ora, in primo luogo quelli dell’Agenda Onu 2030, credo che l’industria pisana, con l’estrema vivacità delle sue imprese storiche e di quelle più recenti rappresenti un esempio positivo di capacità di rigenerarsi, di investire in mezzi e risorse umane, riuscendo in primo luogo a tenere lo sguardo spostato oltre l’orizzonte più prossimo. Gli esempi concreti sono molti e vari in più settori, dalla manifattura al digitale fino al settore delle nuove energie pulite. 

Sebbene gli industriali pisani abbiano costantemente dato prova di saper mettere in campo strategie per fronteggiare momenti critici, quello che ci troviamo a vivere è certamente assai oneroso e con troppe incertezze.  Da oltre tre mesi la guerra in Ucraina e le sue pesanti conseguenze sul nostro sistema economico sono al centro del dibattito e dell’interesse pubblico, mentre il Governo italiano è in cerca di soluzioni alternative per emancipare la nostra nazione dalla dipendenza energetica dalla Russia. Le ripercussioni sull’industria intanto sono evidenti e si incardinano in una situazione già eccessivamente pesante per la tenuta del nostro sistema produttivo, come sappiamo già provato dalla pandemia e dal rincaro delle materie prime e della stessa energia nel 2021.

Pesano i costi energetici

I dati forniti dal nostro osservatorio certifica l’aumento spropositato dei costi energetici per alcune delle più importanti aziende della provincia che hanno tra l’altro significativi tassi occupazionali. Se nel 2018 una azienda spendeva 2.503.000 euro per l’energia elettrica al netto dell’Iva e dei crediti d’imposta, nel 2022 ne spenderà 8.800.000; l’aumento dei costi riguarda anche quelli del gas (da 3milioni e mezzo nel 2018 a oltre 9 milioni), della logistica (da 1.907.000 euro nel 2018 a 2.872.000 nel 2022), fino agli imballi: 727.287 nel 2018 a 1.469.850 nel 2022). La crescita dei costi, si badi bene, non è il risultato di un balzo improvviso dal 2018 al 2022, ma l’esito di una crescita costante, significativa a partire dal 2020, cui si poteva porre rimedio come segnalava Confindustria.

In generale, il costo dell’energia ha avuto un aumento di circa il 200% a parità di quantità di prodotto lavorato. Alcune aziende hanno la possibilità di trasferire l’aumento dei costi sul prezzo dei prodotti finali, mentre altre che non hanno questa possibilità, rischiano di dover sospendere la produzione non essendoci previsioni positive circa un abbassamento dei prezzi nel corso dell’anno con grave impatto negativo anche sugli oneri finanziari. 

L’allarme già lanciato dagli imprenditori un anno fa

In questo scenario, assai complesso e incerto, bisogna rilevare due elementi: da un lato, ben lungi dal volersi autocelebrare, non si può tacere il fatto che l’allarme lanciato più di un anno fa dagli imprenditori sia stato sottovalutato da chi, prestandovi attenzione, avrebbe potuto pianificare soluzioni o misure meditate e non in regime di emergenza; dall’altro lato, sarebbe forse il caso di prendere definitivamente in considerazione il grande potenziale che ha la Toscana in termini di energia pulita. Nel momento in cui prendiamo atto di viaggi all’estero dei nostri ministri e di trattative in cerca di nuove fonti energetiche, ci pare che non si presti la dovuta attenzione a risorse come la geotermia, riccamente presente sul territorio nazionale e in particolare in Toscana, e oramai da tempo in attesa di nuovi incentivi per un suo potenziamento.

Un tema fortemente connesso a quello dei costi energetici che non impattano solo sulle grandi aziende, ma soprattutto sulle nostre PMI che rappresentano l’ossatura del sistema industriale italiano e della Toscana, è poi quello delle infrastrutture. Collegamenti moderni e più agili, se fossero stati realizzati allorquando ne è stata manifestata la necessità, avrebbero certamente limitato il lievitare dei costi per le imprese e di conseguenza del prodotto finale e reso più attrattivo il territorio della costa toscana.

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