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20 ottobre 2022

Pubblicità con l’arte: sì, ma senza svilire l’opera

Per l’utilizzo di immagini di opere d’arte a fini commerciali può non essere più sufficiente pagare un canone per la riproduzione del bene culturale. L’avvocato Claudia Del Re ci spiega perché nel suo intervento mensile.

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contributo di Claudia Del Re, avvocato dello Studio Legale Del Re.

Si è diffuso a macchia d’olio il fenomeno delle riproduzioni di famose opere d’arte per fini commerciali e pubblicitari. Tuttavia, vi sono dei confini da rispettare. Neppure sei mesi fa, nell’ambito di un procedimento cautelare instaurato dal Ministero della Cultura, il Tribunale di Firenze ha inibito a una   società l’utilizzo (non autorizzato) dell’immagine a fini commerciali del David di Michelangelo, ordinando la rimozione delle immagini pubblicate sul sito web della società.

La riproduzione dei beni culturali pubblici, così come la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di tali beni legittimamente acquisite, effettuate senza scopo di lucro e in modo tale da non danneggiare il bene o ostacolare la sua fruizione, è, infatti, ormai sostanzialmente libera, mentre per la  riproduzione a per fini commerciali  occorre una preventiva autorizzazione e un pagamento di un corrispettivo. 

Il Tribunale di Firenze con l’ordinanza n.1910/2022 oltre a riconoscere (in ossequio all’art.108 del Codice dei Beni culturali) il diritto del Ministero a consentire la riproduzione dell’opera, ha fatto un ulteriore passo che apre una luce su una materia così delicata. L’ordinanza ha stabilito che non è sufficiente pagare un canone per la riproduzione del bene culturale, poiché “l’utilizzo dell’immagine del David nel sito di un’impresa commerciale[…] la quale in virtù della sua natura societaria persegue indubbiamente scopi di lucro, sia idoneo a svilire l’immagine del bene culturale facendolo scadere ad elemento distintivo della qualità dell’impresa che, attraverso il suo uso promuove la propria immagine, con uso indiscutibilmente commerciale, che potrebbe indurre terzi a ritenere siffatto libero utilizzo lecito o tollerato”. Sono censurabili non soltanto gli usi offensivi e o denigratori dell’opera, ma anche quegli utilizzi che rischiano di svilire l’opera stessa, “come memoria della comunità nazionale e del territorio, quale nozione identitaria collettiva”.

La sottolineatura del Tribunale apre nuovi scenari. Non è dunque sufficiente per la legittima riproduzione del bene culturale il pagamento di un corrispettivo. Elemento indispensabile ed essenziale è il consenso che deve rendere il Ministero e lo deve esprimere o meno valutando se l’uso richiesto sia “compatibile con la destinazione culturale ed il carattere storico-artistico del bene per la tutela e valorizzazione del bene stesso”.

Non è la prima volta che il Tribunale fiorentino interviene in merito alla tutela del David di Michelangelo. Le pronunce attestano anche l’aumentata attenzione per la tutela dell’immagine delle opere d’arte nonché la loro valorizzazione.  Recita l’ordinanza, “il patrimonio culturale esprime e conserva il patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico della collettività la cui protezione viene ad individualizzarsi e concretizzarsi in relazione ai singoli beni culturali”.  

L’avvocato Claudia Del Re è professore a contratto in Gestione della Brevettazione e della Proprietà Intellettuale presso Università degli Studi di Firenze e avvocato dello Studio Legale Del Re.

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