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07 febbraio 2023

Vini toscani: più vendite, meno bottiglie. Ecco perché

Al via la settimana delle ‘Anteprime’ delle Doc. Nel 2022 le quantità imbottigliate sono scese del 5%. Export record a 1,2 miliardi.

Silvia Pieraccini

Conclusa la fiera dei prodotti alimentari di qualità, Pitti Taste, tocca adesso ai principali vini toscani a denominazione d’origine salire alla ribalta con la settimana delle ‘Anteprime’ delle bottiglie pronte per il mercato (10-17 febbraio).

In questo caso la manifestazione (rivolta a stampa e operatori e, solo in alcune date, al pubblico) è itinerante, con tappe a Firenze (Chianti e Morellino il 12 febbraio; Chianti Classico il 13 e 14 febbraio), Montepulciano (Nobile il 15/2), San Gimignano (Vernaccia il 16/2) e di nuovo a Firenze (il 17/2 con i vini de ‘L’Altra Toscana’ formata da Carmignano, Chianti Rufina, Colline Lucchesi, Cortona, Orcia, Maremma, Montecucco, Suvereto e Val di Cornia, Terre di Casole, Terre di Pisa, Toscana Igp, Valdarno di Sopra). Il grande assente è il Brunello di Montalcino che ormai da due anni ha anticipato la presentazione nel mese di novembre.

Buy Wine con 230 Pmi vinicole toscane

Le presentazioni dei vini toscani sono precedute dal ‘Buy Wine’, due giorni di incontri (10-11 febbraio alla Fortezza da Basso di Firenze) tra 230 Pmi vinicole toscane, che hanno risposto a un bando della Regione, e 130 compratori selezionati nel mondo (39 Paesi) dalla Camera di commercio di Firenze: gli appuntamenti (con degustazione) hanno già dimostrato negli anni passati di essere uno strumento utile per avviare rapporti commerciali e fare ordini.

Export-record nel 2022 sopra 1,2 miliardi di euro (e sopra il Piemonte)

Il vino è il più importante prodotto agroalimentare della Toscana, un settore che produce più di due milioni di ettolitri l’anno e quasi due miliardi di giro d’affari, di cui 1,2 miliardi all’export (è la stima 2022 che segnerebbe, per la prima volta, il sorpasso sul Piemonte e il secondo posto dietro il Veneto). All’appuntamento con le ‘Anteprime’ il settore arriva contento a metà: le vendite 2022 sono cresciute in valore (per effetto dell’aumento dei prezzi che tutte le aziende hanno applicato, spinte dai maggiori costi del vetro, dei tappi, dei trasporti) ma non in volume (-5% il bilancio finale, pari a 107mila ettolitri in meno cioè 14,2 milioni di bottiglie), come dimostrano i dati di Avito, l’associazione dei vini Dop e Igp, che si riferiscono alle quantità imbottigliate (e certificate dalle fascette di Stato rilasciate dai consorzi di tutela).

Nobile e Rosso di Montepulciano superstar

Solo poche denominazioni hanno segnato una crescita: innanzitutto il Nobile (+5%) e il Rosso (+6%) di Montepulciano; e poi Bolgheri, Rosso di Montalcino e Orcia (+3% a testa), oltre al piccolo Montecucco (+35% che segue però la debacle del 2021). Il mercato sembra invece aver penalizzato tutti gli altri vini toscani, e in particolare i tre grandi ambasciatori: Chianti, la denominazione più grande (-15% a 616mila ettolitri, il dato più basso degli ultimi 15 anni); Chianti Classico (-4% a 272mila ettolitri); e Brunello di Montalcino (-14% l’imbottigliato, sceso a 73mila ettolitri e condizionato dalla scarsa vendemmia 2017 andata sul mercato).

Chianti: vendemmie scarse e giacenze ridotte

La domanda più urgente riguarda proprio il Chianti. Perché le vendite 2022 sono diminuite del 15%? “Perché la quantità di vino disponibile negli ultimi anni è calata – spiega Giovanni Busi, presidente del consorzio vino Chianti – e questo è successo perché si è venduto molto e si è prodotto poco: è dal 2017 che ogni anno incappiamo in avversità climatiche che ci hanno impedito di avere le vendemmie da 800-850mila ettolitri a cui eravamo abituati”.

In pratica, spiega il presidente, le giacenze di vino sfuso sono diminuite (rispetto al 2020 sono scese di 200mila ettolitri): “Non è un male avere poche scorte – aggiunge Busi – ma se si considera che il 65% della nostra produzione è venduto nella grande distribuzione, si capisce perché servano grandi quantità. Ora che mercati come la Cina e gli Stati Uniti stanno ripartendo, abbiamo bisogno del prodotto”. Con l’ultima vendemmia (da poco più di 700mila ettolitri) le scorte di Chianti torneranno su di circa 100mila ettolitri, ma il mercato incombe: “Il mese di gennaio 2023 ha segnato +7% rispetto a gennaio 2022, se continuerà così i problemi saranno gli stessi dell’anno scorso”, aggiunge Busi.

Il prezzo delle bottiglie è aumentato del 13-14%

L’altro fattore che può aver inciso sul calo di vendite 2022 del Chianti è stato l’aumento delle materie prime, in particolare vetro e tappi, che ha determinato l’aumento dei prezzi e “in alcuni casi ha fatto andare la denominazione fuori mercato perché la grande distribuzione non ha accettato aumenti del 13-14% oppure ha ridotto le promozioni”. In ogni caso, secondo Busi, non c’è un problema relativo al prodotto che, anzi, sta migliorando dal punto di vista qualitativo ed è richiesto dal mercato, ma piuttosto ambientale: col cambiamento climatico in atto che non fa dormire sonni tranquilli, conclude il presidente, bisogna pensare a introdurre vitigni resistenti alle malattie, che devono essere ammessi dalla Regione. “Le prospettive di mercato per il Chianti sono buone, ora che i mercati stanno riaprendo le vendite non possono che aumentare”.

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Silvia Pieraccini

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