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02 maggio 2022

Guerra ed energia, “opportunità per la Toscana”

Quello che oggi sembra un problema, potrebbe invece trasformarsi in una occasione di sviluppo. Il direttore dell’Irpet in un intervento spiega fra guerra e crisi energetica: come cambia la scenario.

Nicola Sciclone, direttore Irpet

di Nicola Sciclone, direttore dell’Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana

Oggi pare impossibile, fra rincari e guerra. Ma a cavallo del nuovo anno lo scenario economico suonava ancora espansivo. Dopo il rimbalzo di 6,2 punti nel 2021, ai primi di gennaio il prodotto interno lordo toscano era atteso crescere di 4,6 punti nel 2022, di 3,1 punti nel 2023 e di 2,3 punti percentuali nel 2024. Qualche elemento di incertezza in verità aleggiava per il rincaro dei prezzi e per alcune tensioni nelle catene di fornitura. Destinate tuttavia, nelle previsioni dei più, a rientrare in breve tempo.

A febbraio, però, i venti di guerra infiammano i rincari e introducono, come spada di Damocle, il rischio di una contrazione  delle forniture di gas dalla Russia. Cambio la scena, quindi, e con essa le prospettive di crescita che si dimezzano. Sotto presagi peggiori, ma più estremi, addirittura si azzerano. Fine della corsa, quindi? Non è ineluttabile, tutt’altro.

Nell’immediato il ripiegamento del ciclo rende il sistema economico e sociale più vulnerabile. I rincari energetici, ad esempio, rischiano di trasformare per circa 15 mila imprese il margine operativo lordo da positivo a negativo. Per le imprese dei settori energivori il salasso, se prolungato, rischia di essere insostenibile. Per le famiglie l’impennata inflazionistica può mangiarsi, in minore potere d’acquisto, quasi 4 punti di reddito e addirittura più di 5 per i nuclei meno abbienti. I costi di una minore crescita preoccupano anche  in prospettiva: sia rispetto alla capacità di recupero delle posizioni perse in questi venti anni nel confronto con le regioni europee; sia rispetto alla tenuta di una dinamica demografica che, da un lato, erode popolazione attiva e, dall’altro, genera una maggiore domanda di prestazioni.  Nei prossimi trent’anni i ritmi di crescita della produttività, o i flussi di ingresso degli immigrati, dovranno più che raddoppiare rispetto alle dinamiche del recente ventennio per contrastare la spinta ribassista dell’invecchiamento della popolazione.

C’è fame di crescita, quindi. E se la congiuntura ripiega, si complica la prospettiva di liberare quel potenziale necessario a creare nuova occupazione di qualità e migliorare i servizi di cittadinanza. Ma nulla è ancora perduto, anzi. Perché per quanto paradossale possa sembrare, la visione delle priorità è oggi più chiara e condivisa di ieri. Gli eventi avversi sono stati e sono dolorosi, ma qualcosa abbiamo imparato. Dopo la pandemia la politica economica ha cambiato rotta, abbandonando il paradigma dell’austerità ad ogni costo. Con la guerra l’esigenza dell’indipendenza energetica ha assunto i toni dell’urgenza. C’è una maggiore consapevolezza che siamo ad un punto di svolta per superare lo status quo. Anche con riferimento ai temi più spinosi, come quello dell’energia. La Toscana, come l’Italia,  in caso di blocco di relazioni con l’esterno, oggi potrebbe soddisfare in autonomia non più di ¼ del consumo di energia.

Sembra un problema, ma può diventare una opportunità. Perché proprio in Toscana, anche grazie alla geotermia, i margini di crescita delle risorse rinnovabili sono ampi e tali da ridurre la nostra dipendenza energetica, sia nei volumi che nei costi. E dare così impulso alla nostra crescita potenziale. La transizione ecologica può rilanciare lo sviluppo e declinarlo quindi in modo sostenibile. Non è solo giusto, ma anche conveniente. Oltre che possibile.

Per approfondire leggi anche l’articolo Toscana in bilico tra ripresa e stagnazione

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