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28 luglio 2022

“Il futuro della Toscana? Incerto”. L’inflazione peserà 2.000 euro a famiglia

Report congiunturale dell’Irpet a metà anno: recuperati i livelli produttivi e occupazionali pre-Covid ma sulla ripresa incombono nubi.

Silvia Pieraccini

A metà anno, la congiuntura economica della Toscana è un rebus difficile da interpretare: i livelli produttivi e occupazionali del 2019 (cioè prima della pandemia) sono stati sostanzialmente recuperati, ma le tensioni sui prezzi e sulle forniture di materie prime, unite alla guerra, raffreddano gli entusiasmi e aumentano i rischi al ribasso. Se a questo aggiungiamo l’inflazione (+6% nel primo semestre in Toscana), i rischi crescono ancora: tra gennaio e giugno la perdita di potere d’acquisto ha significato una “tassa” di 977 euro (in media 163 euro al mese) a famiglia, che raddoppieranno sfiorando i 2.000 euro se il tasso di crescita dei prezzi rimarrà inalterato fino a fine anno.

E’ questo il quadro tracciato dall’Irpet, l’Istituto regionale di programmazione economica della Toscana, nella nota congiunturale relativa alla prima metà dell’anno. Irpet non si sbilancia sul Pil 2022 (nell’aprile scorso l’Istituto aveva rivisto le previsioni abbassandole dal +4,6% al +2,4%) ma segnala l’evoluzione “non prevedibile” delle circostanze sfavorevoli legate alla guerra e sottolinea la prevalenza di “un quadro di assoluta incertezza”.

La produzione industriale è stagnante

Nel primo trimestre dell’anno la congiuntura si è progressivamente raffreddata, con l’industria toscana sostanzialmente stagnante rispetto al quarto trimestre 2021 (e una dinamica comunque migliore rispetto a quella nazionale). Restano alcuni settori che, nel raffronto tra maggio 2022 e gennaio 2020, non hanno ancora recuperato i livelli di produzione pre-pandemia, a partire dalla moda (-4,3% il gap) e dalla fabbricazione di gomma e materie plastiche (-2,7%). A livello di occupazione, i settori che segnano una diminuzione di dipendenti sono il calzaturiero (1.300 posti in meno nel 2021 sul 2019, -10%) e il tessile-abbigliamento (1.170 posti in meno, -2%), mentre l’incremento maggiore si ha negli apparecchi meccanici (+2.700 posti, +8,9%) e nelle produzioni in metallo (2.647 posti in più, +9,3%). Anche l’oreficeria ha aumentato gli addetti con +647 dipendenti (+8,9%) che portano il totale a sfiorare quota ottomila.

L’export cresce (ma il tasso reale è dimezzato dall’inflazione)

A trainare l’industria regionale sono state ancora una volta le esportazioni (+15% nel primo trimestre secondo l’Irpet che non considera i metalli preziosi e il petrolio), anche se la performance è stata peggiore della media italiana per il rallentamento della farmaceutica (-7%) e dei macchinari (-8,4%), questi ultimi frenati dalla chiusura del mercato russo. I dati dell’export incorporano però l’aumento dei prezzi (legato agli aumenti dei costi energetici, logistici, delle materie prime) applicato da gran parte delle aziende, tanto che il tasso di crescita “reale” stimato dall’Irpet è dimezzato (8% anziché 15%) rispetto a quello “nominale”.

Le dimissioni volontarie non sono un fenomeno nuovo

Sul fronte del lavoro – nei primi cinque mesi del 2022 si contano in Toscana 15mila dipendenti in più rispetto allo stesso periodo 2019 – il fenomeno delle cessazioni volontarie è “liquidato” dall’Irpet come “ritorno a un contesto normale”, e non come scelta dei lavoratori a favore di maggior qualità della vita. Dopo due anni di congelamento del mercato del lavoro a causa della pandemia, spiega l’istituto, l’aumento delle dimissioni volontarie degli ultimi mesi “ingloba il normale turn over da un posto a un altro che era rimasto frenato”.

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Silvia Pieraccini

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