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20 febbraio 2023

Gps sull’auto aziendale, la sentenza della Corte Europea

Nel suo contributo di questo mese l’avvocato Claudia Del Re spiega una recente sentenza della Corte di Strasburgo destinata a far discutere.

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contributo di Claudia Del Re, avvocato dello Studio Legale Del Re.

E’ lecito che un datore di lavoro controlli un dipendente mediante l’utilizzo del GPS installato su un’auto aziendale ad uso promiscuo, lavorativo e personale? Una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo (Gramaxo vs Portogallo) emanata nel dicembre scorso è destinata a far discutere ancora molto tra i giuslavoristi.

Il caso sottoposto all’esame della Cedu riguardava un’azienda farmaceutica portoghese che aveva licenziato un suo dipendente informatore scientifico. Da un controllo incrociato effettuato su i dati che aveva rilevato il GPS installato sull’auto aziendale in uso al dipendente e le informazioni relative a visite clienti, spese, spostamenti registrati dal dipendente, l’azienda era potuta venire a conoscenza che il lavoratore aveva aumentato il numero di chilometri percorsi per motivi di lavoro rispetto a quelli effettivamente effettuati riducendo così i costi a proprio carico. Dopo la contestazione disciplinare e il licenziamento ritenuto legittimo dalle Corti portoghesi, il dipendente si era rivolto alla Corte di Strasburgo rivendicando la violazione della normativa su i controlli a distanza effettuati dal datore di lavoro su i dipendenti, nonché la violazione dell’art.8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, poiché riteneva che il GPS non fosse essenziale per le finalità indicate dal datore di lavoro e  fosse uno strumento di controllo della sua vita privata.

La Corte ha stabilito che non vi era stata violazione della sua sfera privata: l’azienda aveva fornito ai dipendenti un’informativa sul funzionamento del GPS e sulla finalità di controllare i chilometri percorsi durante gli spostamenti lavorativi allo scopo di monitorare le spese.  Il controllo tramite GPS, a parere della Corte  era legittimo, anche perché l’azienda si limitava a conservare i dati necessari in funzione dell’esercizio di un controllo sulle spese.

La Corte ha valutato la legittimità del licenziamento in sintonia anche con il giudizio delle Corti portoghesi. Quello che rilevava era la condotta del dipendente che aveva fatto lievitare le spese di lavoro per trarne un indebito vantaggio sul piano personale, anche se il datore di lavoro aveva acquisito i dati servendosi di un GPS installato su una vettura aziendale

Nell’ordinamento italiano, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la circolare 2/2016 ha ritenuto che i sistemi di geolocalizzazione siano strumenti tendenzialmente non impiegati per rendere la prestazione lavorativa, ma piuttosto per “rispondere ad esigenze di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o per garantire la sicurezza sul lavoro” e, pertanto, possano essere installati solo a fronte di accordo con le rappresentante sindacali aziendali o con l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro. Quello dei controlli a distanza, dunque, resta un argomento caldo nelle dinamiche dei rapporti di lavoro, e sollecita interrogativi nelle aule di Giustizia, anche fuori dai nostri confini nazionali, fino ad approdare alla Corte di Strasburgo.

L’avvocato Claudia Del Re è professore a contratto in Gestione della Brevettazione e della Proprietà Intellettuale presso Università degli Studi di Firenze e avvocato dello Studio Legale Del Re.

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