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07 marzo 2022

Future for Fashion a Firenze, a marzo 2022 il punto sulla moda

Una conversazione agli Uffizi con Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica collezioni donna di Dior, anticipa l’evento promosso da Confindustria, Comune e Cfmi.

Leonardo Testai

La transizione ecologica? Rischia di essere praticabile solo dai grandi brand. I giovani? Sono ancora un po’ naif, e devono capire che la moda è un sistema complesso. E la moda non è democratica, se è di qualità. Parola di Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica collezioni donna Dior, che con la critica e fashion curator Maria Luisa Frisa ha dato vita a una conversazione alla Galleria deli Uffizi per lanciare la prima edizione di Future For Fashion a Firenze.

Si tratterà di un ciclo di incontri annuali organizzati da Confindustria Firenze, in collaborazione con il Comune di Firenze e il Centro Firenze per la Moda Italiana, in programma il 25 e 26 marzo 2022. All’evento di lancio sono intervenuti anche la presidente del Cfmi Antonella Mansi, il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, il presidente di Confindustria Firenze Maurizio Bigazzi e il vicepresidente con delega al made in Italy Niccolò Moschini.

«A Firenze c’è una rete da tutelare e sviluppare»

«Nel nostro ruolo di partner privilegiato per le imprese e istituzioni – afferma Bigazzi -, abbiamo deciso di promuovere una riflessione e un dibattito sulla situazione della Moda oggi nell’area metropolitana fiorentina e quale visione, variabili e direttrici dovrebbero guidare l’evoluzione del settore nel territorio nei prossimi anni, recuperando il circolo virtuoso tra la città, istituzioni e imprese».

Quindi, ecco l’idea di Future for Fashion a Firenze. «Nel territorio fiorentino – dice ancora Bigazzi – insiste una rete manifatturiera di artigiani, imprenditori e stabilimenti unica. Una rete che il mondo ammira e che ci invidia. All’estero esistono realtà produttive di alto livello; ma lo spirito del made in Italy esiste solo qui. Qui esiste una capacità unica di fare impresa, di sviluppare competenze, di mettersi in gioco. Qui esiste un territorio fertile con una combinazione unica di fattori, che va difeso, tutelato, valorizzato e sviluppato».

«Prezzo basso? Allora qualcuno non è pagato bene»

«Negli anni passati c’era questa visione della moda democratica, ma se un prodotto è fatto con certi criteri, non capisco perché debba essere democratico», ha attaccato Chiuri, secondo cui «è come se in passato tutti avessero potuto avere Botticelli ad affrescare la loro casa, ma non è così». Un esempio appropriato: la conversazione si è svolta proprio davanti al dipinto della Primavera. «La qualità, l’eccellenza paga – ha osservato -, e per il futuro bisogna concentrarsi su questa idea di qualità ed eccellenza, meno sui grandi volumi. Se uno paga un prezzo troppo basso, c’è dietro qualcuno che non è stato pagato bene».

Anche la sostenibilità, argomento chiave di questa fase, secondo la stilista di Dior non è per tutti. «Questa transizione ecologica se la possono permettere molto di più le grandi aziende, che possono investire, e meno un giovane designer che oggi vuole aprire un suo brand. Si rischia di creare un divario ancor più grande di quello che già c’è. Può farlo chi lavora in certe aziende che possono permettersi tutto questo, ma è illusorio pensare che possa partire con le stesse logiche un giovane in India o Africa che vuole fare una sua linea. Non è realistico».

E proprio i giovani, per Chiuri, devono fare un “bagno” di realtà. «Sono sensibili all’argomento della sostenibilità, ma bisogna trovare soluzioni fattibili. Molto spesso i giovani pensano che la transizione ecologica si possa fare in 5 secondi, e non è realistico. Io ho un ufficio estremamente giovane, con giovani che vengono da scuole d’eccellenza: ma dicono cose onestamente naif, non si rendono conto della complessità. Non capiscono gli aspetti banalmente pratici, e ogni scelta ha delle conseguenze. Con la transizione ecologica rischiamo di tagliare fuori tutti i piccoli artigiani, come bilanciamo questi aspetti?».

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Leonardo Testai

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