Sta crescendo a Sovicille, in provincia di Siena, una piantagione di bambù gigante che si estende su 17 ettari e che ha una grande capacità di stoccaggio della Co2: assorbe anidride carbonica 36 volte in più rispetto a un bosco comune. L’ha messa a coltura la società benefit lombarda Forever Bambù che adesso, insieme con l’Università La Sapienza di Roma (e prossimamente anche con l’Università di Siena e quella della Tuscia), punta a definire il disciplinare di coltivazione più adatto per rendere sempre più virtuosa e circolare l’economia del bambù.
Si punta ad abbattere ancora di più la carbon footprint
Lo studio si chiama ‘Sbam4bbees’ e coinvolge, oltre al Dipartimento di Ingegneria chimica, materiali, ambiente (Dicm) della Sapienza, l’Istituto italiano ricerca&sviluppo (Isires). Si partirà da una valutazione del terreno e dall’analisi delle quantità di anidride carbonica che vi è stata stoccata fino al 2018, quando è stato riconvertito da coltivazione di cereali e foraggio a bambuseto. L’obiettivo – afferma un comunicato – è convalidare e ampliare le modalità di lavoro attuate nel bambuseto di Sovicille, così da migliorare i risultati nell’abbattimento della carbon footprint, l’impronta di carbonio.
Pratiche naturali e pratiche ingegneristiche
“Il mondo intero ha e avrà sempre più bisogno di assorbire la Co2 – afferma Mauro Lajo, amministratore delegato di Forever Bambù – e pulire la nostra impronta ambientale investendo in pratiche naturali e insieme ingegneristiche è fondamentale. Il bambù ha una capacità di crescita rapida (per questo è reputato erroneamente infestante), ha una natura “pacifica” (non rilascia sostanze repellenti per altre piante) ed è adatto a potenziare il polmone verde del pianeta”.
Silvia Pieraccini